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Nel mercato italiano della birra AB InBev rappresenta il terzo attore principale del settore per consumi. Non avendo stabilimenti produttivi in Italia, tecnicamente non possiamo parlare di un vero produttore, piuttosto di importatore di birre estere di qualità. Marchi che hanno scritto pagine importanti della storia della birra, nel mondo e anche in Italia, ecco perché abbiamo voluto fare una conversazione con Massimiliano Colognesi (cfr. foto apertura), Responsabile Public Affairs di AB InBev Italia.

 

– Il posizionamento strategico di AB InBev in Italia?

– Da quando nel 2014 abbiamo ottenuto la distribuzione del marchio Corona Extra in Italia, abbiamo continuato a registrare percentuali di crescita che ci posizionano al terzo posto del mercato dei consumi di birra in Italia. Come detto non siamo un produttore di birra in Italia, non avendo stabilimenti produttivi, ma possiamo sicuramente dire che l’Italia è un paese fondamentale per il nostro gruppo.

 

– Che politiche state adottando in Italia?

– Attenzione alla profittabilità, una crescita costante con investimenti e sviluppo grazie a una forza vendita capillare ed efficace. L’Italia è un paese molto importante, una sorta di laboratorio dove possono essere testati il gradimento di alcuni prodotti. Se si riesce ad avere successo da noi dove notoriamente gli italiani hanno un gusto ricercato, significa che si è intrapreso la strada giusta.

 

– Sui singoli marchi in portafoglio avete delle strategie specifiche?

– Da tempo stiamo portando avanti dei progetti mirati per aumentare il valore e la conoscenza del brand. Su tre marchi in particolare, Beck’s, Corona e Leffe, ci sono progetti differenti ad ampio raggio. Con Beck’s abbiamo realizzato il progetto Unacademy nel 2015, a cui è seguito Beck’s Road To Indipendence, iniziative a sostegno di giovani artisti indipendenti. Con Corona oltre al Sunsets Festival ormai diventato un appuntamento clou, quest’inverno saremo protagonisti sulla neve con la Corona Winter Experience. Riguardo a Leffe invece sempre più stiamo portando avanti una strategia rivolta ad aumentare la cultura birraia.

 

– Una birra sempre più un alleato in cucina?

– Con Leffe oltre alla conosciutissima Blonde, abbiamo introdotto etichette nuove per l’Italia come la Royal e la Triple, per arrivare a un abbinamento cibo birra a tutto pasto. Siamo in grado di accompagnare qualsiasi tipologia di abbinamento, con birre che si sposano perfettamente a tavola dall’aperitivo sino al dolce. Tutto questo veicolato grazie alla figura di un Quality Manager in grado di formare in maniera adeguata la nostra forza vendita per arrivare direttamente al nostro cliente finale.

 

– Come sono cambiati i consumi di birra in Italia?

– Come in altri settori, il consumatore è sempre più attento al prodotto e alla qualità, per questo abbiamo intrapreso un percorso che mira a proporre prodotti in grado di soddisfare qualsiasi esigenza, da birre leggere e fresche arrivando sino a bevande più complesse. Tutte comunque devono essere servite nella maniera adeguata, così ci siamo concentrati con la strategia del “perfect serve” di Leffe.

 

 

– Il filone artigianale come lo state seguendo?

– In tutto il mondo e non solo in Italia stiamo assistendo a un interesse crescente verso quello che ormai è diventato più che una semplice moda. Ci sono birrifici artigianali negli Usa dove è nato il movimento della craft revolution che hanno dimensioni importanti in termini di volumi produttivi, credo che anche in Italia ci sia spazio per questa tipologie di birre, che potranno registrare numeri interessanti per i prossimi anni.

 

– In quali canali state rivolgendo la vostra attenzione?

– Sui canali di business tradizionali classici, dalla Gdo all’Horeca, con un portafoglio prodotti in grado di coprire praticamente tutta la gamma di stili birrai. Anche sul canale digital ci saranno delle importanti novità, questo è un trend dove nei prossimi anni ci saranno degli importanti investimenti da parte di tutti i produttori e anche il nostro Gruppo sta al passo con i cambiamenti in atto.

 

– Se dovessimo trovare un elemento distintivo di AB InBev Italia?

– L’investimento in persone e non si tratta di retorica. A fine 2013 la forza lavoro era di circa 100 unità, oggi siamo circa in 250 risorse in organico. Ci sono stati inserimenti di giovani prevalentemente nelle posizioni di marketing e nelle vendite, ragazzi e ragazze motivati, con approccio e vocazione internazionale. È importante sottolineare come una multinazionale del settore beverage abbia deciso di dare fiducia al nostro paese, con la possibilità di far crescere dei giovani all’interno di un gruppo dove non mancano possibilità di crescita.

 

– Dal punto di vista della presenza sul territorio in Italia?

– Siamo presenti in tutte le regioni, con un focus specifico sul nord-ovest dove storicamente abbiamo sempre avuto uno zoccolo duro, ma stiamo registrando segnali interessanti anche in altre regioni, potendo offrire un listino variegato.

 

– Le tensioni sui mercati mondiali, dalla Brexit al protezionismo di Trump, quale impatto potranno avere sul mercato della birra e per un player globale come AB InBev?

– Non è una domanda semplice a cui rispondere, anche perché il mandato di Trump è iniziato da pochissimo. Sino a oggi sia per il mercato italiano che europeo abbiamo registrato negli ultimi anni segali di crescita importanti. La nostra gamma completa ci permette di diversificare per arrivare a soddisfare qualsiasi esigenza di consumatore e di mercato.

 

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