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La V edizione della manifestazione in scena a Siena dal 1 al 03 febbraio si conferma come uno dei grandi appuntamenti per il pubblico della città e non solo. Il format ricalca quello del Merano Wine Festival ma tra le novità di quest’anno c’è l’introduzione di una giornata interamente dedicata agli operatori del settore e stampa.

Un prolungamento del Salone a testimonianza della sua crescita e necessità di momenti più b2b data anche dall’importante incremento del numero degli espositori. Tra questi, anche le cantine che hanno ottenuto il Wine Hunter Award, il premio di qualità certificata assegnato dalla commissione d’assaggio del Merano Wine Festival, un piano interamente dedicato ai vini della Toscana, Italia e food. L’altra novità è lo spirito itinerante, molte infatti le location coinvolte per ospitare masterclass e seminari d’animo turistico. Come il Palazzo Squarcialupi, il Rocca Salimbeni, Il Grand Hotel Continental, il Palazzo del Rettorato, il Palazzo Comunale è il Palazzo Sansedoni.

Nella nostra due giorni moltissimi gli assaggi di etichette degne di nota ma volutamente selezioniamo e confidiamo le esperienze più indimenticabili.

E lo facciamo iniziando dal racconto della masterclass sui Pinot Noir a confronto prodotti nella regione che ospita l’evento, la Toscana, e dell’ Alto Adige, quella dell’organizzatore: Helmuth Köcher. Una degustazione che racchiude in se proprio l’anima di Wine & Siena, con l’iconica cultivar francese a non smetter mai di stupire. Tra quelli proposti in batteria sono spiccati, per ragioni diverse, il Gilfenstein 2018 Vassal di Ennia, uno sfarfallio unico nato in una buona annata, più equilibrata, segnata da un lungo e bell’autunno difficile da dimenticare per la sua infinita golosità, finezza espressiva, pulizia olfattiva, agilità è una sorridente bevibilità.

Ma a spalleggiarlo c’era anche il Castelfeder 2016 Burgum Novum. Qui l’ottimo frutto, molto incisivo e di carattere speziato è ancora abbracciato dal legno. Un vino diretto, pulsante, che merita l’attesa. Per completezza d’informazione gli altri vini in degustazione erano: Vallepicciola: 2017 Boscobruno, Felsina 2018 Nero di Nubi, Kellerei Meran 2016, Abbazia di Novacella 2016 Praepositus.

Spostandoci in Toscana sono due i folgoranti assaggi di Sangiovese. Il primo è il Colli della Toscana Centrale 2016 Antico Podere Gagliole, una scoperta nella scoperta: dalla bellezza della tenuta acquistata da una coppia di Svizzeri una decade fa, ai vini… un vino di corsa irrefrenabile, come un medley tra tratteggi eleganti ed incalzanti, in una beva scalpitante e precisa,  un torrente a pendenza al 90% che ti travolge. E il midollo tannico? Solido, ma sempre in ripartenza. C’è ritmo ed equilibrio. Pulizia. Non si riesce a star fermi.

L’altro è il Nobile di Montepulciano Messaggero 2015 Azienda Montemercurio. Di uno stile ben più definito, con una densità di materia codificata dove il primo messaggio ad arrivare è l’eleganza, una sciarpa tannica per nulla scontata. Il nome della cantina artefice del vino deriva dal suo luogo di nascita: un tempio di epoca romana dedicato a Dio Mercurio. E su questo il “Messaggero” c’è da dire che svolge al meglio il suo compito.

Spostandoci in lungo e in largo per lo Stivale non c’è nulla da eccepire sulle proposte della Tenuta Olianas attiva dal 2000 con 19 ettari a Sarcidano. Si propone con orgoglio il Doc Vermentino di Sardegna 2018 che ha origine nei vigneti in località Murvonis e Purruddu. Per la sua produzione si segue il metodo biointegrale che prevede per il 20% una vinificazione con macerazione su bucce e un parziale uso dell’anfora senza aggiunta di lieviti selezionati. Questa massa sarà il “pied de cuve” che si userà per attivare la fermentazione spontanea. Il vino è rimpolpato dalla sua stessa anima, inconfessata, purissima, dove echeggia il sale marino tenuto in vita da un letto acido compartecipe della creazione di un sorso teso e molto consistente.

In Lazio è invece il Viogner della linea Vinea Domini – un progetto dedicato alla ristorazione romana – della storica cooperativa di Marino, Gotto d’Oro, a far luce sui Castelli Romani. L’art director Luigi Caporicci punta sulle uve internazionali e in questo bianco si evince tutta la tecnica e la matrice del vitigno. Ma anche una certa spinta nel suo assaggio che convince ritornando con aromi sapidi e molto intensi.

Infine segnaliamo il Campo Sella di Sutto – azienda familiare dal 1933 che ultimamente si è contraddistinta per i suoi Valdobbiadene – che estrapola da un piccolo vigneto le migliori uve per destinarle a un Merlot in purezza. L’affinamento in barrique ne amplia la superficie, ne concentra la stoffa per un sorso che diventa armonico, pieno, sensibilmente sapido, perfetto se lo immaginiamo con un piatto a base di carne.

Dulcis in fundo l’ultima chicca riguarda il mondo delle uova. Ma non qualsiasi, sono quelle del progetto The Garda Egg Co di Federica Bin.

Sono colorate, molto saporite, di galline di razze speciali e richieste per le loro qualità. Allevate a terra, ed esclusivamente con granaglie biologiche certificate, si tratta di quelle di razza Australorp, Araucana, Olive Egger, Marans, New Hampshire, Livornese bianca e Livornese rossa provenienti da Australia, Ande cilene, Stati Uniti e campagne toscane. L’idea della Bin è di racchiudere e proporre le otto uova, e relative espressioni gustative, in un unico cofanetto. Di alcune ne abbiamo apprezzato le peculiarità in un menu a due mani di Nadia Covallero e Carlo Molon andato in scena a Borgo Grondaie a pochi passi dal centro storico di Siena.

 

 

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