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Eleganza contemporanea, servizio, ospitalità. Sempre in perfetto equilibrio sulla linea sottile che separa il troppo dal troppo poco. Il Ceresio 7 è una creatura, prima ancora che un ristorante o un cocktail bar, che si anima di arte, moda, lifestyle, gusto e comfort. E per ogni elemento si intravede la griffe di maestri esperti, eccentrici e dinamici, capaci di infondere le proprie teorie in una proposta così lineare da sembrare alternativa, o così particolare da sperare sia sempre la normalità. 

CHEF FUORICLASSE – L’etica professionale è il fulcro di tutto il fermento di Ceresio, ed è divulgata da due profeti che lavorano in sinergia. In cucina lo chef brianzolo Elio Sironi scalpella con esuberante semplicità sui blocchi della tradizione: una vita passata attraverso tre continenti, poi il percorso sulle orme del Maestro Gualtiero Marchesi. “Ero in brigata con Berton, Crippa, Oldani, Knam, una generazione d’oro”, a conferma delle stigmate da fuoriclasse che il guru per eccellenza gli aveva già visto disegnate addosso. Executive chef al Bulgari Hotel per sette anni prima di cedere alle sirene irresistibili dei gemelli canadesi Dean e Dan Caten, anime della casa di moda Dsquared2; con loro e con Edoardo Grassi, Luca Pardini e Marco Civitelli, Elio si lancia nel 2013 nella realizzazione del concept Ceresio 7, stampando nell’arredo e nella cucina la sua visione del lifestyle e della vita in generale: i grandi classici italiani rivisitati con un a spinta moderna, senza mai interferire con la genuinità e la qualità assoluta della materia prima.

SEXY – In sala un’eleganza magnifica ma quieta, mai esagerata, figurarsi se pacchiana. Un’aria vintage curata da Dimore Studio, con evidenti influenze dei padroni di casa, che conferisce all’intero ambiente una particolare atmosfera dal gusto retro. Emozioni da vinile o da film in bianco e nero, adatte a qualsiasi momento della giornata, dalla colazione al dopocena: “C’è un’aria sexy qui, non sai mai cosa può succedere”. Il capolavoro totale è l’integrazione perfetta del ristorante con la celebre terrazza, un rettangolo di lusso con divani sobri sul perimetro e un’accattivante piscina nel mezzo. Tutto e il contrario di tutto può avere luogo in questi cento metri quadri: una cena gourmet, un drink al tramonto, una serata danzante alle luci delle candele che sfiorano l’acqua. E l’ingrediente segreto che fa da tramite è il più classico, ma a tratti meno considerato di tutti: il bar.

LEARNING THE HARD WAY – Guglielmo Miriello è l’altro predicatore, sempre impeccabile in completo tre pezzi: calore pugliese sparato in vena dalla terra d’origine, dove muove i primi passi tra le tredicimila anime di Crispiano (TA), poi la svolta a Milano: “Quasi vent’anni fa al Caffè Sforzesco in via Dante, con il mio maestro Marco Suverano. Ho capito lì, e con lui, che sono i dettagli e la continua ricerca della perfezione a fare la differenza. E l’ho capito nel modo più duro, con gli scappellotti: una sera preparai in anticipo la linea per il bancone, credevo di avergli fatto un piacere. Ma appena la vide mi riprese per quello che mancava, invece di ringraziarmi per quello che c’era. Così si cresce, e così sono arrivato alla mia filosofia: si lavora al massimo, non esistono gli abbastanza”.  Il tuffo in mixology arriva al Porto Alegre, un localino sui Navigli che per primo iniziò a parlare di bere miscelato: “Facevamo praticamente rivoluzione, erano gli anni in cui si bevevano solo Mojito e Caipirinha, non c’era cultura e si studiava poco”. Il bello sarebbe arrivato di lì a breve.

SHANGHAI EXPRESS – In dieci anni un rally di esperienze ed emozioni che portano Guglielmo al top del settore: la svolta nel 2004, un corso sui trend londinesi tenuti dal guru Paulo Ramos: “Sembrava di stare ascoltando qualcuno parlare arabo, erano concetti che non ci avevano nemmeno mai sfiorati in Italia, dagli ingredienti alle tecniche. Ma era chiaro sarebbe servito a rompere il ghiaccio per avviare il movimento”. I motori erano già caldi per il salto definitivo, nel 2011, quando il passaporto si tinge di un timbro esotico e affascinante: Shanghai, Cina, dopo il trionfo alla tappa italiana della Diageo World Class. Un anno e mezzo alla Maison Pourcel con il ruolo di bar e bistrot manager, il primo vero incarico di responsabilità che gli permette una prevedibile iniezione di fiducia e competenze per ritagliarsi gli abiti che gli si confanno: “Sono cresciuto come persona, prima ancora che come professionista, a contatto con una cultura nuova”.

MIXOLOGY A TAVOLA – Predisposizione alle sfide, umiltà e versatilità quando c’è da rimediare agli inconvenienti, e una concreta dose di autocritica: è con questo bagaglio che Miriello arriva all’apice di Milano, prima al neonato DRY (“L’ho seguito dalla fase embrionale, abbiamo fatto grandi numeri da subito, concept pazzesco non a caso passato per mano di grandi nomi“) e poi al Ceresio dal 2017, dove intreccia con maestria le sue idee con quelle dello chef Sironi: “Lavoriamo sulla stessa frequenza: a me piace una miscelazione contemporanea, che sia di tendenza ma con radici classiche. E penso sia arrivato il momento di spingere per i drink a tavola, sono un’aggiunta, non una sostituzione della carta dei vini”. Che per la cronaca, conta più di 800 referenze, annoverando il meglio della produzione enologica europea. “Con Elio abbiamo addirittura creato un piatto composto con un cocktail”. Per i curiosi (ed è decisamente bene esserlo), è El Fire: gambero di Mazzara con burrata e una fonduta di Carmagnola che diventa un drink a base di mezcal, peperone arrostito e liquore all’Ancho Reyes, una sorta di salsa ad accompagnare. Strepitoso.

DRINK LIST – Etica professionale, si diceva, diramata nei tre saperi fondamentali: sapere, saper essere e saper fare, tutto raccolto nella drink list, rigorosamente stagionale e frutto di un continuo confronto con il team. Per chi vuole sperimentare guardando già all’estate, il Love in Portofino: cetriolo fresco e basilico, lime e limone, St. Germain, Gin, nettare di agave, con spray di assenzio. Ovviamente da provare praticamente tutte le creazioni, Italian Beauty (St. Germain, Aperol e limone di Amalfi miscelato con Champagne Brut), Brooklyn Reloaded (Rye whisky macerato con arancia caramellata, Americano Bianco, Lucano Anniversario e Maraschino), Yellow Bird (London Dry Gin, banana, Dry Curacao, Galliano, limone di Amalfi). Ma c’è un motivo validissimo dietro la risposta di Miriello, quando gli si chiede qual è il drink che più rispecchia lui e il Ceresio 7: “Il Martini. Diretto, complesso, elegante”. Perché qui sembra tutto straordinario, quando in realtà è tutto come dovrebbe essere.

+info: www.ceresio7.com/

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