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Quando Lou Bank, esperto e divulgatore statunitense di mezcal, ha chiesto a un amico in Messico lumi sulla scarsa produzione di whiskey in un paese così ricco di grano, si è sentito rispondere con un’ulteriore domanda: “Hai mai provato il pox?”. E se addirittura lui, uno dei massimi conoscitori, si è trovato spiazzato, avete buoni motivi per non sentirvi in colpa. Ma dovete recuperare il prima possibile.

ORIGINE MAYA – Ottenuto dalla distillazione di un mix di mais, grano e panela de caña (zucchero di canna), il pox era prodotto dai Maya Tzotzil indigeni del Chiapas, che lo utilizzavano durante le loro pratiche sciamaniche. Oggi il pox (pronunciato posh) inizia a farsi strada trai prodotti storici che ben si incastrano nel panorama della mixology internazionale, da Città del Messico agli Stati Uniti. “Il mezcal ormai è diventato virale, e sta aiutando altri prodotti messicani a farsi conoscere” racconta Julio de la Cruz, fondatore della Posherìa, un bar esclusivamente incentrato sul pox che si trova a San Cristóbal de las Casas, nel Chiapas del Sud. De la Cruz distilla personalmente il pox che poi propone: “Abbiamo aperto nove anni fa, quando nessuno aveva idea di cosa fosse questa bevanda. Siamo stati i primi a parlarne”. Quasi dieci anni dopo, Julio racconta di clienti che fanno la fila per poterne discutere con lui.

La Posherìa
La Posherìa

LUNA PIENA – Nonostante la crescente popolarità del pox, il governo messicano non lo ha ancora riconosciuto come bevanda alcolica: ciò vuol dire che non esiste un disciplinare che lo classifichi, e non esistono standard legali che definiscano come, dove o da cosa derivino le sue componenti. “Come la maggior parte delle cose che si mangiano o bevono in Messico, non esiste un unico modo per realizzare il pox”, dice Banks. Gli esperti sono concordi sull’indicare il Chiapas, nello specifico l’area intorno a San Cristóbal de las Casas e la municipalità di San Juan Chamula come il luogo d’origine, dove i Maya Totzil risiedono. Ogni produttore segue poi il proprio credo, con alcuni di essi ben più disposti a condividere i propri segreti, rispetto ad altri. Alla Posherìa, De la Cruz distilla e vende svariate tipologie di pox, che spaziano da una gradazione alcolica di 19.5% (come il digestivo infuso all’ibisco, con macerazione di una anno e doppia distillazione) ad autentiche esperienze degustative come il pox cerimoniale da 53%. De la Cruz segue un metodo che gli è stato trasmesso da un leader Totzil, rispettando la fermentazione di grano organico, malto e zucchero di canna da sette a dieci giorni, per poi passare il tutto in un alambicco di rame. Fondamentale, a sua detta, la corrispondenza con le fasi lunari: la produzione del pox deve coincidere con la luna piena, “a simboleggiare un nuovo inizio. La nostra produzione è completamente artigianale, rispetta i processi ancestrali pur mantenendo gli standard di qualità che ci impone il governo”. De la Cruz è inoltre uno dei pochi produttori di pox autorizzato all’esportazione.

MERCATO – I fortunati che recentemente hanno trascorso le vacanze a Tulum, in Messico, avranno sicuramente notato smilze bottigliette di Siglo Cero pox, il brand più distribuito sul mercato e l’unico attualmente disponibile negli Stati Uniti. Il fondatore di Siglo Cero, Isidoro Guindi, ha lanciato il marchio nel 2014, ma riconosce che solo nell’ultimo paio d’anni la categoria del beverage ha iniziato una vera e propria impennata. E puntando sul successo del pox, lo scorso anno ha lanciato il suo secondo brand, Dondante. Per produrre il Siglo Cero, Guindi mescola quattro tipi di grano ancestrale (nero, rosso, giallo e bianco) con acqua di fonte, e dopo la prima fermentazione aggiunge crusca di frumento e uno zucchero non raffinato simile al piloncillo. Dopo due settimane procede a una doppia distillazione in alambicco di rame, poi mescola il liquore con un distillato già invecchiato, per raggiungere il sapore desiderato che a suo avviso “ricorda quello della tortilla tipica messicana”.

MIXOLOGY – Guindi, come molti altri bartender, sostiene che il pox sia particolarmente adatto da miscelare nei cocktail. “Si abbina perfettamente ai sentori citrici e ai prodotti tipici messicani come tamarindo, ananas e avocado”, spiega Exequiel Huerta, capo barman del Fifty Mils. “È una combinazione complessa di sapori simili al whisky, tostati e affumicati, con un finale dolce che ricorda il rum”. Huerta propone un fuori carta chiamato Hala Ken, che si compone di pox, Ancho Reyes, pompelmo, foglie di avocado e succo di lime, con l’aggiunta di un bitter locale. “Ha un sapore molto interessante” secondo Clay Wendel, bar manager texano che da poco ha aggiunto il prodotto in bottigliera nel suo Best Girl: “Lo zucchero di canna gli conferisce un sentore erbaceo, ha un corpo leggero e un finale pulito”, e sostiene che sia stato molto ben recepito come aggiunta in drink Tiki. In lingua Tzotzil, pox significa “medicina”: un buon auspicio per chi vorrà utilizzarlo per rendere migliori le proprie serate al bancone.

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