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a cura di Angela Borghi, Key Account Manager e Partner TradeLab.

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Nel 2019 il mercato Away From Home valeva 85,3 miliardi di euro di fatturato a sell out, generati da oltre 310.00 punti di consumo indipendenti tra bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, take away, discoteche, 670 insegne della ristorazione commerciale (fast food, caffetterie, hamburgerie, …), operatori della ristorazione collettiva e macchine vending localizzate in luoghi di lavoro, studio e pubblici (è escluso il fatturato F&B sviluppato nelle strutture ricettive in quanto non scorporabile dal pernottamento).

 

 

Tali punti di consumo acquistano dai fornitori grossisti, Cash&Carry, produttori, GDO, dettaglio tradizionale, mercati generali, operatori vending circa 26 miliardi di euro di prodotti Food&Beverage. Di questi, circa 7,5 miliardi riguardano il beverage alcolico e analcolico, circa 17,4 miliardi il comparto food (fresco, secco e freddo) e circa di 1,1 miliardi di euro sono acquisti di prodotti sweet.

I grossisti sono da sempre il canale di approvvigionamento con la maggiore quota di mercato: intermediano circa il 60% degli acquisti F&B, pari a 15,5 miliardi. L’ingrosso presidia in modo ancor più rilevante il comparto delle bevande (analcoliche e alcoliche, ad eccezione del vino), ma ha quote importanti anche in tutte le altre categorie merceologiche. I principali punti di forza che vengono riconosciuti da sempre ai grossisti sono l’elevata specializzazione assortimentali e la massima profondità nelle categorie (referenze, formati, marche), un elevato livello di servizio in termini di consegne, pagamenti, assistenza e la presenza sul territorio di agenti, merchandiser ed esperti di prodotto (birra e vino in primis).

I produttori detengono una quota di mercato del 15%, ma tale peso è generato (oltre che da specifici canali come la ristorazione collettiva, on board e in parte la commerciale) da molte categorie food caffè, snack e pastigliaggi mentre nel beverage la diretta riguarda so- stanzialmente il vino.

Il canale dei Cash&Carry rappresenta circa il 16% del valore complessivo degli acquisti F&B e le categorie più acquistate sono il secco (condimenti, conserve…), il surgelato, il fresco e i superalcolici. I ristoranti utilizzano maggiormente il canale C&C rispetto ai bar, soprattutto per l’acquisto di prodotti food. Il grande plus del C&C è rappresentato dalla possibilità di concentrare gli acquisti grazie alla maggiore ampiezza di assortimento che spazia in tutti i settori merceologici.

Attraverso la grande distribuzione, il piccolo dettaglio e i mercati generali transita il restante 9% degli acquisti di F&B sviluppati nel mercato AFH: i gestori si rivolgono ai mercati generali o al dettaglio tradizionale per la qualità e la territorialità dei prodotti (in particolare per gli acquisti di freschi e freschissimi), alla GDO per la presenza di sconti e promozioni, per acquisti emergenziali e per frazionare gli acquisti e minimizzare la scorta e ridurre così l’esposizione finanziaria media.

 

 

I DISTRIBUTORI FOOD & BEVERAGE

Per quanto riguarda i distributori Food&Beverage, TradeLab ha censito nel 2019 circa 3.800 operatori: al Sud e Isole ne sono attivi circa 1.550, nel Nord Ovest 880, nel Nord Est circa 750 e nel Centro 620.

Relativamente al mercato servito, il 67% degli operatori (oltre 2.540) opera in maniera prevalente nel mercato fuori casa; il 10% (circa 390) ha come principali clienti i punti vendita del dettaglio tradizionale e il 17% non evidenzia specializzazioni di canale; residuale la quota di coloro che servono più canali (2,5%) e ancora inferiore quella di coloro che servono in prevalenza altri grossisti o privati.

Sul totale dei circa 3.800 operatori censiti, circa il 60% tratta bevande, ossia circa 2.280 operatori, mentre circa 1.540 (il 40%) sono specializzati drink (di questi circa 500 sono grossisti che TradeLab ritiene strategici per il comparto bevande). Gli specializzati food sono circa il 43%, il 9% hanno una focalizzazione prevalente sui prodotti dolciari e circa il 7% sono multispecializzati. Nonostante l’elevato numero di grossisti indipendenti (il 67% sul totale), nel comparto beverage il peso degli associati a Consorzi è decisamente maggiore e pari al 55% dei grossisti drink, rispetto al 33% dei grossisti sweet, al 31% dei multi specializzati e solo al 9% di quelli food. Il mondo dei distributori F&B è inoltre costituito da un elevato numero di aziende di ridotte dimensioni: circa il 65% degli operatori fattura infatti meno di 2,5 milioni di euro, con un 30% di operatori sotto il milione di euro. E la frammentazione è ancor maggiore nel comparto drink (e sweet) rispetto al food, tradizionalmente a causa del rilevante impatto dei costi logisti a fronte di marginalità non elevate dei prodotti, specie per il comparto analcolico. Negli ultimi anni è però iniziato un lento processo di concentrazione del settore che ha comportato una riduzione del numero di operatori e un aumento del fatturato medio per operatore (passato dal 2016 al 2019 da 3,5 a 3,9 milioni di euro).

Rispetto agli anni precedenti, si è inoltre evidenziato un aumento del peso degli operatori specializzati nel fuori casa, una lieve crescita della specializzazione drink e un aumento del numero di multispecializzati per la necessità sia dei grossisti sweet di allargare il proprio assortimento integrando le bevande per compensare i cali di fatturato del dolciario, sia dei grossisti drink di integrare categorie food (in primis il secco) da offrire a clienti già serviti. Questo incontrando anche la tendenza dei gestori di ridurre il numero di fornitori per minimizzare il costo di relazione, fare massa critica negli acquisti e spuntare prezzi migliori e, non ultimo, per creare partnership più solide.

 

 

PREVISIONI SUL MERCATO AFH 2020

Terminato il periodo di lockdown (in cui sono stati bruciati circa 18 miliardi di euro a sell-out), il mercato fuori casa si è ripreso molto bene nel periodo estivo, dando una boccata d’ossigeno al settore.

Poi l’arrivo della seconda ondata del virus e con essa il DPCM del 26 ottobre che ha imposto la chiusura di bar e ristoranti alle 18, fino ad arrivare all’ultimo DPCM del 4 novembre che istituisce Regioni rosse, arancioni e gialle (nessuna verde) a seconda della livello di gravità del contagio, con praticamente una totale chiusura per la ristorazione nelle zone rosse e arancioni, eccezion fatta per il food delivery (e l’asporto).

Posto che la situazione è in continuo divenire e non è possibile prevedere quali ulteriori provvedimenti verranno emanati, per quanto tempo e per quali regioni, TradeLab ha stimato a novembre per il mercato Fuori Casa 2020 una riduzione del fatturato di oltre il 40% rispetto al 2019 prevedendo una chiusura del mercato AFH 2020 a circa 50,5 miliardi di euro rispetto agli oltre 85 miliardi del 2019 con una perdita di oltre 34 miliardi. Se questa è la previsione per il 2020 anche nel 2021 non si ritornerà ai valori del mercato del 2019.

 

IMPATTO SUGLI OPERATORI DELLA FILIERA E IN PARTICOLARE SUI GROSSISTI HORECA

Sicuramente il Covid-19 ha accelerato tutta una serie di processi che immaginavamo si sarebbero realizzati in una decina di anni. In primo luogo, la riduzione della numerica dei punti di consumo: TradeLab stima vi siano circa 35.000 bar e ristoranti a rischio di chiusura nei prossimi anni. In secondo luogo, un fenomeno di concentrazione della distribuzione intermedia – con la riduzione del numero di grossisti e delle insegne di C&C – e l’entrata/sviluppo di nuovi player come specialisti dell’e-commerce, operatori logistici dell’ultimo miglio, GDO con servizio di consegna ai pubblici esercizi o con l’apertura di propri magazzini dedicati agli operatori AFH: tali player possono contare su importanti economie di costo (CEDI, logistica, …) e potranno rafforzarsi dato il diffondersi dell’on-line e del click&collect.

Sul fronte Cash & Carry, la rete di 378 punti vendita potrebbe arrivare a circa 360 punti vendita a seguito di acquisizioni effettuate da catene più strutturate nazionali o multiregionali che assorbiranno a livello locale gli operatori più marginali e singoli C&C. Passando all’ingrosso, nell’immediato immaginiamo una grande resilienza che porterà alla definizione di un nuovo assetto solo nei prossimi anni. Rispetto ai circa 2.540 grossisti specializzati Away From Home, abbiamo stimato un rischio economico, e quindi di possibile uscita dal mercato, per circa 300 operatori che potrebbe portare la rete a circa 2.240 operatori.

 

 

Il Covid-19 impatterà maggiormente su alcuni operatori più marginali (anche se quelli a gestione familiare potrebbero dimostrarsi nel breve i più resilienti): alcuni si fonderanno, ma soprattutto grossisti più grandi e più evoluti che nel tempo hanno consolidato massa critica acquisiranno i più piccoli, operanti sugli stessi bacini o in territori limitrofi; i ricambi generazionali difficoltosi porteranno alla chiusura anticipata di alcune attività. Saranno gli operatori molto esposti finanziariamente o che in passato non hanno gestito con attenzione il credito a essere maggiormente in difficoltà, situazione ulteriormente aggravata dai mesi di lockdown (dato l’esiguo fatturato realizzato con i clienti horeca attrezzatisi con il delivery, con i clienti del dettaglio tradizionale e grazie al servizio porta a porta ai consumatori), crediti ancora da incassare e clienti con poca disponibilità economica e forte incertezza sul futuro.

COME USCIRE DALLA CRISI

La battaglia si giocherà su come ogni operatore sarà capace di rinnovarsi e di riattrezzarsi per superare il momento di emergenza e pianificare strategicamente le attività del futuro. Non esiste un’unica strada o soluzioni vincenti in assoluto: ogni scelta impone comunque la necessità di analizzare il proprio modello di business, le attività, la struttura del conto economico, il proprio mercato e i propri clienti, i propri punti di forza e di debolezza, per capire come intervenire per ridurre i costi e incrementare i fatturati.

Le possibili aree in cui ridurre i costi sono la gestione del magazzino e la logistica, utilizzando software gestionali, l’automazione dei processi e ottimizzando i giri visita, così come una più corretta gestione finanziaria e del credito. Peraltro, data l’incertezza del futuro, i punti di consumo tenderanno almeno nel breve a fare acquisti di minor dimensione e con maggior frequenza: i grossisti dovranno pertanto cercare di efficientare tutti i processi commerciali e logistici per garantire una tenuta dei margini.

Ma le aree di recupero di efficienza più interessanti richiedono di avere una buona massa critica e di ampliare le economie di centralizzazione sulle attività marketing e commerciali, sugli acquisti e sulla logistica con magazzini e consegne in comune. E in queste attività i Consorzi potrebbero giocare un ruolo fondamentale così come accaduto in altri settori, in primis la GDO.

 

 

Sul fronte della ricerca di nuovi ricavi, le strade possono essere l’ampliamento del bacino, l’allargamento del parco clienti nella propria zona o in un’altra più o meno vicina, l’incremento delle vendite ai clienti già attivi, o la diversificazione del business in altre attività. Tra queste ultime, ci potrebbero essere l’attività di sub ingrosso (percorribile in presenza di grandi volumi movimentati e di importanti investimenti in logistica) e il porta a porta ai consumatori finali (ma con margini e risultati incerti nel lungo periodo), l’integrazione a valle con l’apertura di punti di vendita o di consumo e la creazione di siti di vendita on line ai punti di consumo non clienti o ai consumatori finali. Queste sono, in ogni caso, tutte iniziative decisamente costose, che richiedono competenze specifiche e un’attenta valutazione dei costi e dei ricavi e della concorrenza.

Per un ampliamento delle aree territoriali è necessario studiare con attenzione quali nuovi mercati può valere la pena aggredire in termini di potenzialità e concorrenza. È quello che sta accadendo e potrà accadere in alcune aree in cui la competizione è minore e in cui grossisti più grandi e strutturati invadono un nuovo territorio portando poi alla chiusura o all’acquisizione di altri grossisti della zona e alla creazione di gruppi sovra provinciali o regionali.

L’ultima strada, ma anche la più direttamente perseguibile, è incrementare la propria quota sugli attuali clienti o servirne di nuovi nel proprio bacino (considerando però solitamente la maggior difficoltà dell’acquisizione di nuovi clienti piuttosto che fare up selling o cross selling sui clienti attuali): si tratta di puntare sui punti di forza storicamente riconosciuti all’ingrosso, migliorare il presidio del territorio dove già si opera puntando ad ampliare il numero di referenze trattate o allargandosi a nuovi settori merceologici con un assortimento più o meno profondo o incrementando i servizi offerti ai clienti.

Per fare questo è necessaria un’analisi del proprio parco clienti e del territorio in cui si opera, per individuare quali potrebbero essere i locali serviti con le maggiori opportunità di sviluppo e quali i clienti che ancora non vengono serviti e su cui può valere la pena investire. Sebbene vi sia una quota di punti di consumo interessata unicamente al prezzo, implementare una strategia generalizzata di riduzione dei prezzi o servire solo clienti interessati al prezzo è una strategia perdente, perché nessun grossista potrà avere sempre il prezzo di acquisto più basso del mercato su un ampio numero di referenze e sarà esposto alla concorrenza di tutti gli altri intermediari.

La strategia di differenziazione dell’offerta parte invece dal presupposto che sul mercato operano punti di consumo molto diversi per caratteristiche ed esigenze in termini di assortimento, referenze e servizi richiesti. Occorre quindi segmentarli e tarare la proposta ad hoc sui singoli segmenti/clienti per soddisfarli al meglio e trasformarli in clienti fedeli.

 

 

Tale strategia permette di rispondere a tutti quei punti di consumo che, a partire da un posizionamento distintivo sul mercato, sono interessati ad avere fornitori che sappiano offrire un assortimento profondo, di qualità, servizi a valore (formazione, consulenza, …), consegne rapide, ecc. e che sono disposti a riconoscere un premium price per il servizio personalizzato ricevuto. Obiettivo del grossista è, oltre a intercettare quanti più gestori di questo tipo, declinare i diversi livelli di servizio in funzione delle reali richieste. Tale strategia consente inoltre di non sprecare risorse fornendo servizi non richiesti e quindi non valorizzati.

Una volta definito l’assortimento più corretto per servire in maniera ottimale ogni singolo canale, segmento, cliente occorre individuare un gruppo selezionato di produttori con cui definire la propria offerta e proposta commerciale. Il locale, in questo modo, vede semplificata la gestione dei fornitori e del magazzino. Dall’altro lato tale attività porta alla creazione di solide partnership con l’industria: i grossisti, grazie alla conoscenza dei clienti e del mercato, possono condividere con l’industria informazioni utili sui prodotti e gli assortimenti giusti per ogni segmento e l’industria può supportare le vendite dei propri prodotti con iniziative più mirate a sostegno del sell out.

Nel breve, questa strategia di ascolto dei clienti, segmentazione e creazione di valore, permetterà anche di poter supportare al meglio i gestori nel far fronte ai cambiamenti in questo periodo. L’introduzione di attività di delivery e soluzioni take away potrà richiedere di rimodellare l’offerta su formati e prodotti più adatti a tali modalità di consumo; la semplificazione dei menù e una maggior focalizzazione dei gestori sulle referenze alto vendenti, pur puntando sulla qualità, potrà portare a rivedere le politiche commerciali e a una maggior selezione dei partner; infine, i distributori potrebbero offrire servizi per supportare i gestori per la creazione di sito e pagine social o per digitalizzazione dei processi (app, totem, tablet per gli ordini e per i pagamenti), corsi di formazione al personale (su tematiche attuali come la gestione della sicurezza in periodo Covid, sui prodotti, o in ambito gestionale e manageriale, di servizio al cliente). Senza dubbio, con la crescita del ruolo del digital, ci sarà un maggior utilizzo del canale d’acquisto on line: per evitare di perdere vendite e per combattere la concorrenza di player come C&C e GDO con delivery e operatori on line specializzati, i grossisti dovranno lavorare sempre più per creare piattaforme di ordine on-line, favorendo anche il riordino automatico dei prodotti continuativi a maggior rotazione.

Questo richiederà che gli agenti dei grossisti si trasformino in consulenti, il cui tempo con i clienti sarà utilizzato non per la presa d’ordine ma per interpretare al meglio e nel tempo le diverse esigenze dei punti di consumo, raccontare prodotti e proporre servizi innovativi e a maggior valore.

Tutte queste attività andranno realizzate con una più attenta attività di budgeting e di revisioning, un attento monitoraggio dei costi e dei ricavi e dell’evoluzione del conto economico, una più scrupolosa pianificazione finanziaria con monitoraggio continuo dei flussi e una più oculata gestione del credito: attenzione alla selezione dei clienti e gestione del rischio di credito ad essi collegato. E per fare in modo che una strategia di diversificazione dell’offerta e del servizio abbia successo sarà sempre più importante conoscere il mercato, i punti di consumo e i vari trend e il proprio bacino di riferimento: analizzare le potenzialità del proprio bacino e confrontarle con le performance attuali (quota numerica, quota di mercato, quota trattanti) per individuare i potenziali di mercato non ancora sfruttati e le maggiori potenzialità rispetto ai trend del mercato e alle performance dei diversi segmenti di clienti.

 

 

IL RUOLO DEI CONSORZI

I Consorzi, attraverso la fornitura di strumenti e ser- vizi di informazione, formazione e gestione potranno avere un ruolo estremamente importante nel supportare i grossisti. La necessità dei singoli operatori di riduzione dei costi logistici potrebbe portare alla creazione di piattaforme logistiche comuni a livello di consorzio (con vantaggio anche per l’industria) e a consegne integrate tra più grossisti che, coprendo diversi assortimenti potrebbero, collettare gli acquisti a livello di CEDI e consegnare in un’unica spedizione ai diversi punti di consumo. Un ulteriore ambito di azione delle strutture consortili, vista la necessità di riduzione dei costi degli acquisti, è una maggior contrattazione a livello centrale con i fornitori, a fronte di una ulteriore condivisione delle informazioni con l’industria, grazie a sistemi informativi comuni e integrati, alla messa a punto di sistemi comuni automatici di riordino, alla maggior adozione di standard condivisi.

In conclusione, il ruolo dei grossisti F&B rimarrà fondamentale per la funzione chiave che svolgono all’interno della filiera. Vincenti saranno quelli che, in base all’analisi del territorio e dei propri clienti e prospect, sapranno implementare un processo di innovazione interna, adeguarsi ai cambiamenti in atto nel mercato, segmentare i propri clienti e rispondere ai loro bisogni con assortimenti e servizi a valore personalizzati, selezionare e creare partnership solide con fornitori e clienti.

E in questo quadro di generale trasformazione, potrà essere ancora più attuabile un rafforzamento della funzione dei Consorzi e del loro ruolo sempre più di partner dell’industria, di supporto e di guida per gli associati, di fornitore di servizi a valore aggiunto per entrambe le parti.

A cura di: Angela Borghi, Key Account Manager e Partner TradeLab

TRADELAB

TradeLab supporta gli operatori di Industria e Distribuzione presenti sul mercato dell’Away from Home nel miglioramento delle proprie performance attraverso un insieme integrato di strumenti conoscitivi e modelli di intervento operativo.

Articolo tratto dall’annuario BIRRITALIA 2020-21 – download da QUI

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