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Una tavola rotonda per capire cosa è stato fatto in questi primi 500 anni e capire quale strada percorrere guardando ai casi di successo delle altre denominazioni piemontesi.

 

 

A concludere il ricco ciclo di eventi organizzati per festeggiare i 500 anni della Freisa, sabato 20 gennaio, nello storico Castello di Pino d’Asti, è andata in scena “Freisa d’Asti: una Denominazione lunga 500 anni”. L’iniziativa, organizzata dal Consorzio di tutela Barbera d’Asti e vini del Monferrato in collaborazione con quello del Freisa di Chieri e collina torinese, ha visto la presenza di importanti critici del settore enogastronomico quali Gioacchino Bonsignore, curatore della rubrica “TG5 – Gusto”, Daniele Cernilli, curatore del sito “Doctor Wine”, Paolo Massobrio, curatore della guida “Il Golosario” ed il Presidente del Consorzio Filippo Mobrici e dall’Assessore all’Agricoltura regionale Giorgio Ferrero, chiamati a ripercorrere, in una funzionale tavola rotonda, le tappe della Freisa (parente stretta del Nebbiolo) cercando di definire, insieme ai produttori ed ospiti presenti, le attività da attuare, in sinergia, per valorizzare e sviluppare la denominazione e i territori coinvolti nella sua produzione.

Ma come arriviamo ad avere oggi la copertura del 2% della superficie vitata del Piemonte (pari ad 854 ettari) e quindi circa 2,5 milioni di bottiglie (metà di Freisa d’Asti) suddivise nelle quattro diverse tipologie previste dal disciplinare? Nel 1900 superata la crisi fillosserica, si stima che la produzione di Freisa rappresentasse il 20% circa di quella piemontese (tra le più alte) confermata e tutelata con la nascita nel 1946 dell’ancor attuale Consorzio di tutela Barbera d’Asti e Freisa d’Asti, seguita dall’iscrizione nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite (1970) ed il conseguente riconoscimento delle DOC Freisa d’Asti (1972) e Freisa di Chieri (1973). Se negli anni del boom economico italiano queste colline si spopolarono in favore dell’industria, oggi la voglia di tornare in campagna per rilanciare il territorio del “Basso Monferrato” è tanta e nel corso del dibattito non sono mancate suggestioni e spunti per migliorare le attuali performances alternati ai racconti sui tradizionali stili di produzione e consumi (per il piacere, con i piatti della tradizione) di fatto, i capisaldi da tenere a mente per definire la propria identità. Sicuramente, l’incredibile capacità di esprimersi brillantemente in più versioni (abbracciando così più gusti e capacità di spending) della Freisa (frizzante, ferma, superiore e spumante) unita alla spiccata acidità e gli importanti tannini sono diventati, nel tempo, componenti di costruzione e definizione di questa identità, elementi di ricchezza e di valore, da non dimenticare, mai. E per valorizzare e promuovere il “mondo Freisa” servono azioni velocemente attuabili considerando le importanti domande ed appeal dei “vini autoctoni” rilevate in questo momento nel mondo. Letture di mercato riscontrate nel numero degli espositori italiani che saranno presenti al prossimo ProWein: 1700.

 

 

“Storia, territorio, comunicazione” termini, tutti, che appaiono ogni tanto come una sorta di “scatole grandi ma vuote” – ad ascoltare l’intervento di Gioacchino Bonsignore – ma che se ben usate “permettono al Basso Monferrato di affermarsi” grazie anche al “piacevole equilibrio organolettico del vino” che qui si produce – afferma Daniele Cernilli – “che lo rende un ideale accompagnamento di numerosi piatti”. Il suo auspicio è infatti quello di vedere nascere una Freisa Superiore, ricca e corposa, da inserire in un sistema che, partendo dalla vivacità delle dinamiche e fresche versioni frizzanti, riesca a creare una verticalizzazione volta ad esprimere il livello qualitativo dei singoli cru, come accade nel Beaujolais. E se il vino è oggi una delle parti più sane del PIL italiano lo si deve all’infinita ricchezza che le aziende vinicole odierne possono rappresentare con una percezione nuova, fatta di maggior consapevolezza e fiducia nelle loro possibilità di sviluppo. Se il nuovo richiama il cambiamento ed a nuovi approcci sensoriali e quindi ai nuovi modi di vedere il vino, in questo caso della Freisa, ecco che la componente umana è imprescindibile, con la sua voglia di e far sognare, come non mai, per creare nuovi stimoli, per impressionare, ancora. Come per un pittore a voler spingere i soggetti stessi del suo quadro ad andare in profondità, a ricercare, e poi esibire, la propria personalità. Il percorso per vedere inserite in un futuro non troppo lontano tante Freisa nelle carte delle migliori enoteche e ristoranti del mondo deve essere fatto in maniera sinergica tra i produttori, in primis, insieme alle istituzioni ed il Consorzio. Dopo questa giornata di lavoro, è emerso che tutti son chiamati, da subito, a dipingere en plein air le meravigliose capacità di questa grande varietà del Piemonte: duttilità, longevità e tipicità.

La chiusura dell’evento è stata affidata al critico Daniele Cernilli ed alla sua degustazione guidata di 17 Freisa (dal 2016 al 2003) dal titolo “Nuovo come una Freisa”.

Tra le etichette presentate ricordiamo la meravigliosa solidità ed equilibrio gustativo (fusion perfetta tra legno, tannini e frutto) della Freisa di Chieri DOC Vigna Villa della Regina 2013 della Cantina Balbiano, la sorprendente profondità ed intensità, con una carica di frutta rossa polposa e tratteggi balsamici, della Freisa d’Asti Superiore DOC 2011 della Cantina Mosparone e la potenza armonica ed elegante, uno stampo di fattura stilosa e di grande finezza, dell’Antica Casa Vinicola Scarpa nella sua versione di Monferrato Freisa DOC La Selva di Moirano.

 

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