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Sono state presentate a Roma, le edizioni 2022 dell’Annual Report di Valoritalia (con i dati emersi dai processi di certificazione di 218 denominazioni di origine italiane) e dell’Osservatorio Nomisma Wine Monitor – Valoritalia (accurata analisi della percezione delle certificazioni tra le imprese vitivinicole e i consumatori di vino).

Copertina dell’Annual Report 2022 di Valoritalia

Questa edizione dell’Annual Report presenta una sorta di bilancio consuntivo degli esiti della pandemia, dei suoi riflessi inattesi sulla viticultura italiana e, in modo particolare, sui suoi vini di qualità. In particolare, la ricerca di quest’anno ha seguito due strade: il monitoraggio di tale percezione nel terzo anno della pandemia e il confronto tra consumatori italiani e tedeschi, sia nell’approccio ai vini certificati DOP e IGP che verso quelli BIO e Sostenibili. Dall’Annual Report di Valoritalia emerge una fotografia del Vigneto Italia che conferma le sensazioni di questi ultimi mesi, soprattutto quella che concerne l’aumento dei volumi commercializzati.

Un bilancio per molti versi sorprendente se, anche solo per un istante, considerassimo la gravità del periodo che abbiamo vissuto, con i ripetuti lockdown, le prolungate chiusure della ristorazione e i limiti alla mobilità e ai trasporti che hanno praticamente bloccato l’economia di mezzo mondo. In un contesto così difficile, le nostre Denominazioni di Origine, con le imprese che le rappresentano e animano i nostri territori più vocati, hanno ottenuto una performance straordinaria, registrando una crescita a due cifre di cui mai, nella nostra storia recente, avevano beneficiato. Per dare solo alcune cifre, che il lettore potrà agevolmente ricavare dall’enorme mole di statistiche che presentiamo nelle pagine che seguono, nel solo 2021 gli imbottigliamenti delle 218 Denominazioni di Origine certificate da Valoritalia sono cresciuti mediamente dell’11%, del 12% se consideriamo i valori del 2019, ossia l’anno precedente lo scoppio della pandemia.

 

 

Per un settore maturo come quello vitivinicolo si tratta di un risultato eccezionale, che solo in parte può essere spiegato con il “rimbalzo” che nel 2021 ha interessato l’economia di tutti i paesi occidentali, che poi coincidono con i principali mercati di sbocco dei nostri vini di qualità. Ma il rimbalzo non è una ragione sufficiente. Probabilmente ancora più importante si è rivelata la capacità del nostro sistema di imprese di cogliere ogni opportunità, di coprire ogni spazio che si presenti, di gestire al meglio il potenziale disponibile, di ottimizzare risorse e relazioni. È il dinamismo delle imprese italiane ad aver consentito questo risultato.

Scendendo un po’ più nel dettaglio possiamo notare alcune peculiarità che consentono di contestualizzare meglio tale risultato in funzione delle diverse tipologie di prodotto, delle aree di produzione e delle differenti denominazioni. La più evidente riguarda le prestazioni ottenute dalle denominazioni che utilizzano una menzione IGT, oppure DOC o DOCG, con le prime che nel biennio ’20-’21 hanno fatto registrare un arretramento medio del 5%, mentre nello stesso periodo le DOC sono cresciute del 17% e le DOCG del 16%. Quindi, nei fatti, durante il periodo pandemico il mercato ha premiato il vertice della piramide qualitativa: un risultato davvero inaspettato considerando la situazione di crisi che ci lasciamo alle spalle.

La seconda peculiarità riguarda le performance dei differenti sistemi territoriali. La parte del leone l’ha fatta il nord est, che comprende Veneto, Friuli, Trentino ed Emilia-Romagna, che ha fatto registrare una crescita nel biennio del 13%, seguita a ruota dalle denominazioni del nord ovest (Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta) e del Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio) entrambe con il 9%.

 

 

Infine, i dati mettono in evidenza prestazioni differenziate tra Denominazioni. La crescita più consistente l’ha ottenuta il cosiddetto «Sistema Prosecco», che comprende la DOC Prosecco e le DOCG del Conegliano Valdobbiadene e dell’Asolo. Nel biennio ‘20-‘21 le tre denominazioni hanno messo a segno una crescita complessiva del 27,2%, che tradotta in termini quantitativi significa passare da circa 591,5 milioni di bottiglie vendute nel 2019, a 752,7 milioni di bottiglie del 2021. Numeri che non hanno bisogno di commenti, ma che dimostrano con tutta evidenza le grandi capacità imprenditoriali di un sistema dinamico e competitivo.

Ma non è solo il Prosecco ad aver ottenuto risultati tanto lusinghieri. Altrettanto consistenti sono stati i risultati di altre prestigiose denominazioni, come quella del Barolo, cresciuto del 27%, o delle toscane Brunello di Montalcino, Chianti Classico e Nobile di Montepulciano, cresciute rispettivamente del 40%, del’11% e del 10%. E poi ancora il Franciacorta (+12%) il Gavi (23%), il Delle Venezie (+11%), il Venezia DOC (23%) e l’Orvieto (+17%). Insomma, una performance che accomuna buona parte delle nostre denominazioni e dimostra tanto la solidità della nostra viticultura quanto la lungimiranza di una strategia di valorizzazione incentrata su Denominazioni e Consorzi di Tutela.

 

 

Un’ultima annotazione riguarda il risultato economico raggiunto nel 2021. Il valore complessivo dell’imbottigliato certificato da Valoritalia ha superato i 9,43 miliardi di euro, superiore di oltre 1,34 miliardi il dato del 2019. Anche in questo caso la graduatoria del valore è guidata dal Prosecco DOC con circa 2,7 miliardi, seguita dal Delle Venezie DOC con 1,06 miliardi, dal Conegliano Valdobbiadene con 623 milioni e, a ruota, da altre prestigiose denominazioni, come Franciacorta, Asti, Chianti Classico, Brunello ecc., queste ultime con valori compresi tra i 350 e i 200 milioni di euro.

Un dato deve far tuttavia riflettere: su 218 denominazioni certificate le prime 20 concentrano ben l’82% del valore e le prime 50 superano il 95%, laddove le ultime 100 ottengono un risicato 0,46%. In parole povere, ciò significa che l’ossatura produttiva ed economica della viticultura italiana è rappresentata da poche decine di denominazioni ben strutturate e organizzate, mentre molte altre decine, se non centinaia, giocano un ruolo marginale se non di pura testimonianza. Il grande numero di denominazioni riconosciute rappresenta la ricchezza produttiva del nostro Paese, tuttavia, allo stesso tempo, è innegabile che metta in evidenza sia la sua estrema frammentazione che una certa debolezza strutturale. Un fenomeno che forse dovrebbe spingere i principali attori della filiera a riconsiderare le regole base del sistema, apportando quelle correzioni che oggi appaiono sempre più necessarie.

 

ABSTRACT DEI PRINCIPALI RISULTATI

  • L’edizione 2022 dell’Osservatorio Nomisma Wine Monitor – Valoritalia dedicato ad analizzare il valore delle certificazioni nel percepito di produttori e consumatori di vino si è posto il duplice obiettivo di 1) monitorare l’evoluzione di tale valore percepito nel terzo anno di pandemia 2) confrontare il posizionamento dei vini Dop/Igp, Bio e Sostenibili certificati tra i consumatori italiani e quelli tedeschi
  • Come per le edizioni passate, tali obiettivi di valutazione sono stati raggiunti attraverso indagini dirette che, nella fattispecie, hanno riguardato: 141 imprese vitivinicole italiane (ripartite per il 56% al Nord, 27% al Centro e 17% al Sud in maniera analoga all’indagine 2021 così come in merito alla dimensione per fatturato); 1.000 consumatori italiani di vino di età compresa tra 18 e 65 anni; 1.000 consumatori tedeschi di vino, sempre compresi tra 18 e 65 anni di età. Tutte e tre le indagini sono state realizzate nel bimestre febbraio-marzo 2022.
  • Anche nel 2022 si confermano – accanto al prezzo – notorietà del brand aziendale, marchio biologico e di sostenibilità i fattori che con la pandemia sono divenuti più importanti per decretare il successo di un vino sui mercati (rispetto al 2019, sia a livello nazionale che estero). Rispetto all’anno precedente, è aumentato il numero delle imprese che ritiene i marchi bio, sostenibili e Dop/Igp più importanti per la competitività dei propri vini.
  • Il 44% delle imprese intervistate vede negli aspetti legati alla produzione quelli di maggior importanza per una certificazione di sostenibilità, al cui interno figurano prioritariamente quei metodi che prestano attenzione alle risorse ambientali. Un altro 29% attribuisce maggior rilevanza all’origine e alla filiera, in particolare in termini di tracciabilità. Il rimanente 27% invece ritiene che un’azienda per essere certificata sostenibile debba essere responsabile dal punto di vista sociale ed economico, ad esempio facendo parte di una filiera dove viene garantita la giusta remunerazione a tutti gli attori. Rispetto alla precedente indagine 2021, aumenta il numero delle imprese che ritiene la tracciabilità della filiera e gli impatti socioeconomici positivi per la stessa come i due fattori più importanti per essere certificati “sostenibili”
  • In merito alle tendenze di mercato future, la gran parte dei produttori (oltre i ¾ degli intervistati) confermano i vini sostenibili e biologici come quelli che nei prossimi due anni dovrebbero attirare maggiormente l’attenzione e le preferenze dei consumatori. Rispetto al 2021, aumentano le imprese che segnalano vini a basso contenuto alcoolico, vegani, in lattina e senza alcool (sebbene raccolgano percentuali molto più basse di produttori, comprese tra il 15% e il 38%) in qualità di tipologie che potrebbero aver un successo di mercato crescente.
  • Nel complesso, il 2022 dovrebbe riservare ancora soddisfazioni di mercato alle imprese che producono vini Bio, Dop/Igp e sostenibili, dato che la maggior parte dei produttori vede un aumento delle vendite per queste tipologie, sia sul mercato nazionale ma soprattutto estero (il 30% delle imprese prevede per l’anno in corso un aumento delle vendite superiore al 10% rispetto al 2019 per i vini Bio al di fuori dei confini nazionali, lo stesso nel caso dei vini Dop/Igp per il 27% dei produttori).
  • Il focus sui consumatori, quest’anno, ha riguardato un confronto Italia-Germania. Questo perché la Germania, con oltre 1,1 miliardi di euro, rappresenta il secondo acquirente mondiale di vini italiani dopo gli Stati Uniti (dato al 2021). Rispetto al 2017, le importazioni in Germania di vino del Bel Paese sono aumentate a valore del 23%, con variazioni più alte sia per la categoria dei vini fermi e frizzanti imbottigliati (+31%) che per gli spumanti (+29%). Si è invece ridotta la quota dei vini sfusi, il cui valore è diminuito del 15%.
  • L’apprezzamento dei vini italiani tra la popolazione della Germania ha trovato conferma nei dati dell’indagine dove è emerso come il 64% dei consumatori tedeschi abbia bevuto i nostri vini nell’ultimo anno. Seguono a ruota i vini francesi (consumati dal 60% dei tedeschi) che però, dal lato della percezione qualitativa, ci distaccano sensibilmente: per il 43% dei consumatori tedeschi, la Francia si configura infatti come il paese con i vini di maggiore qualità. L’Italia figura al secondo posto, con il 27% delle preferenze.
  • Una prima base di confronto ha riguardato i criteri di acquisto e consumo fuori-casa dei vini da parte dei consumatori. Sia gli italiani che i tedeschi, quando acquistano vino per il consumo tra le mura domestiche, guardano principalmente all’origine territoriale e alla notorietà del brand, poi a seguire al prezzo conveniente. L’indicazione geografica assume maggior importanza per gli italiani, mentre il packaging è un fattore più rilevante per i tedeschi.
  • Nel caso dei consumi fuori-casa (al ristorante o wine bar), gli italiani scelgono nuovamente in base a brand aziendale e origine territoriale, mentre nel caso dei tedeschi diventa fondamentale il consiglio del titolare o del personale di sala (sommelier, cameriere, barman). Anche in questo caso l’indicazione geografica è più importante per gli italiani rispetto ai tedeschi; per questi ultimi, più della Dop o Igp, risulta importante il vitigno.
  • Passando al percepito sul valore delle certificazioni, la gran parte dei consumatori italiani e tedeschi ritengono che la superiorità di un vino Dop e Igp rispetto ad uno generico si esprima nella qualità dello stesso vino, nella sicurezza e nei controlli sottostanti nonché nella garanzia di tracciabilità collegata. Le principali differenze insistono nelle percentuali dei consumatori che ritengono tali superiorità insite nella certificazione Dop/Igp: per gli italiani oltre l’80%, per i tedeschi tra il 40% e il 65% dei consumatori.

 

 

  • Per quanto riguarda invece i vini biologici certificati, prezzo, rispetto per l’ambiente e sicurezza/controlli sono i tre fattori ritenuti superiori rispetto ad un vino convenzionale, con percentuali di consenso analoghe tra italiani e tedeschi. Emerge invece una differenza per la salubrità, ritenuta superiore nei vini bio rispetto ai convenzionali per il 65% dei consumatori italiani contro il 47% dei tedeschi, così come nelle caratteristiche organolettiche (51% degli italiani, 30% dei tedeschi).
  • Infine, anche in merito ai vini sostenibili certificati, le principali differenze nella percezione sui fattori di superiorità rispetto ai vini convenzionali emergono per salubrità e caratteristiche organolettiche (nel senso che di questa superiorità percepita sono più convinti gli italiani dei tedeschi).
  • E sempre restando in tema di vini sostenibili, sui fattori percepiti in grado di garantire un valore aggiunto al consumatore, italiani e tedeschi risultano concordi nel ritenere prioritario il minor utilizzo di agrofarmaci e fertilizzanti. In una sorta di “confronto diretto” sugli altri fattori, i consumatori italiani – rispetto ai tedeschi – sono maggiormente sensibili al rispetto della biodiversità garantita dai vini sostenibili, al minor utilizzo di energia e di produzione di gas serra nonché allo sviluppo economico e sociale dell’azienda. Al contrario, i tedeschi sono più attenti alla sostenibilità se certificata da un ente terzo, se garantisce un risparmio idrico, se rispetta il patrimonio culturale e paesaggistico e se il vino presenta un packaging eco-sostenibile.
  • Il tema del packaging eco-sostenibile nel vino viene ulteriormente richiamato dai consumatori tedeschi in merito a certificazioni più oggettive e riconoscibili per i quali si ritiene ci sia un interesse di mercato, così come per i vini “naturali” che sembra attirare l’attenzione per circa il 30% dei consumatori sia italiani che tedeschi.
  • In conclusione, le indagini hanno messo in evidenza uno spazio di crescita ancora ampio e da sfruttare per i vini biologici e sostenibili. Un potenziale derivante dal confronto tra la notorietà di queste tipologie e l’effettivo acquisto da parte dei consumatori di vini certificati tali. Infatti, se è vero che il vino biologico è conosciuto dal 73% dei consumatori tedeschi e dall’87% di quelli italiani, è altrettanto vero che gli stessi vini certificati sono acquistati dal 22% dei tedeschi e dal 35% dei consumatori italiani. Ancora più ampio il potenziale di mercato per i vini sostenibili: conosciuti dal 64% degli italiani, vengono acquistati con le diverse certificazioni (come Equalitas o Viva) dall’8% degli stessi; nel caso dei tedeschi, il differenziale risulta ancora più ampio: 72% li conosce, solo il 4% li acquista.

Per maggiori informazioni: www.valoritalia.it/certificazioni-vino/

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