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Il mondo della ristorazione si prepara a ripartire nelle zone gialle con la conferma del coprifuoco alle 22, arrivato dopo un braccio di ferra tra Governo e Regioni. Alla fine ha prevalso la linea del premier Draghi, con lo stop alla richiesta dei governatori di modificare le misure del decreto legge varato da poco, in particolare sull’orario di chiusura per bar e ristoranti. Il provvedimento non cambia, dopo l’astensione dal voto da parte della Lega sul Dl al Consiglio dei Ministri e qualche tensione tra Governo e Regioni, che avevano chiesto di posticipare il coprifuoco alle 23 e una deroga ai servizi di ristorazione, per rilasciare permessi sia al chiuso che all’esterno per le ore di pranzo e cena.

 

Si riparte così, ma non è escluso che ci sia qualche cambio in corsa nelle prossime settimane, come ha spiegato il Ministro per le Autonomie, Mariastella Gelmini, precisando che il coprifuoco non durerà fino al 31 luglio, è lo stesso decreto a dirlo, precisando che il Consiglio dei ministri potrà intervenire nelle prossime settimane, modificando periodicamente nel dl sia le regole per le riaperture che gli orari del coprifuoco.

Non tutti i ristoratori e gli operatori del settore hanno preso positivamente la riapertura di ristoranti, bar e agriturismi, una riapertura che vale 2,5 miliardi per il vino italiano, secondo quanto emerge da una stima della Coldiretti diffusa in occasione dell’incontro on line “Il mercato del vino dopo un anno di pandemia” promosso da Coldiretti e dal Comitato di supporto alle politiche del vino che traccia il bilancio degli effetti del Covid sul Vigneto Italia.

 

Il settore dell’agroalimentare è stato tra i più penalizzati dall’emergenza Covid, con la chiusura del canale della ristorazione che rappresenta il primo mercato di sbocco. La ripresa delle attività del settore ho.re.ca riguarda un locale su due, ha un impatto rilevante dal punto di vista economico per il settore vitivinicolo e interessa soprattutto i prodotti a maggior valore aggiunto come i 526 vini a denominazioni di origine e indicazione geografica, che rappresentano il 70% della produzione nazionale e che sono stati proprio i più penalizzati dalla pandemia.

A causa dei lockdown e delle misure di restrizione disposte dai vari Dpcm, dall’inizio della pandemia sono rimasti invenduti oltre 220 milioni di bottiglie secondo un’analisi della Coldiretti. Il risultato è che più di 2 aziende vitivinicole su 3 hanno registrato una perdita di fatturato nel 2020, con punte superiori al 30% rispetto all’anno precedente. Cali che non sono stati compensati dall’aumento dei consumi domestici, con una crescita degli acquisti rispettivamente dell’8,3% e del 7,5% nel 2020 rispetto all’anno precedente. All’incremento delle vendite al supermercato si accompagna il vero e proprio boom registrato in quelle on line dell’e-commerce, che sono più che raddoppiate nel 2020 (+105%), rispetto al 2019, sulla base di un’elaborazione Coldiretti su dati Wine Monitor Nomisma.

 

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