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Scrittori, poeti e artisti d’ogni genere, oggi è il giorno che potrebbe fare al caso vostro: da quando nel 2007 l’assenzio fu rimesso in commercio (legalmente) negli Stati Uniti, il 5 marzo è infatti conosciuto nel mondo del beverage come Absinthe Day, ed è l’occasione migliore per ripercorrere la storia di un prodotto controverso e adorato nel mondo.

L’assenzio segue il processo produttivo tipico del gin, con erbe e spezie messe a macerare in alcool prima della distillazione: anice e artemisia (Artemisia Absinthium) sono le botaniche tradizionali di base, che danno un primo distillato trasparente. A differenza del gin, l’assenzio viene sottoposto a una seconda distillazione, per la quale vengono aggiunte ulteriori varietà come dittamo, sandalo e melissa, che rilasciano anche la propria clorofilla: è da qui che il prodotto finale assume il colore distintivo, poi divenuto soprannome storico della Fata Verde. 

Fu realizzato per la prima volta da Pierre Ordinaire, un medico francese, poi stabilitosi in Svizzera, negli ultimi anni del ‘700: il solco era quello dei rimedi naturali composti di piante selvatiche, un classico della liquoristica europea che ancora resiste (si vedano le chartreuse e il DOM Benedictine, o gli amari italiani). La ricetta di Ordinaire venne poi consegnata alle ormai leggendarie sorelle Henriod, che nei cantoni erano già note per una loro versione dell’assenzio. Fu un passaggio di mani piuttosto rapido, poi, fino al 1807, anno in cui la prima distilleria d’assenzio venne aperta da Henry-Louis Pernod, nella regione francese di Pontarlier (che dà anche il nome al tradizionale bicchierino ad ampolla utilizzato per la degustazione, insieme al tipico cucchiaino forato).

Cucchiaino da assenzio

Mentolato e dolciastro, l’assenzio divenne una calamita per qualsiasi classe sociale: prima consumato dall’esercito come corroborante, dilagò poi nei bar e nei café delle città europee, che dalla metà dell’800 andavano riempiendosi di nugoli di artisti e intellettuali, storicamente impavidi consumatori di qualsiasi cosa fosse inebriante. La cultura bohemienne, quella del talento decadente e dell’estro incompreso dalla società, fu culla del consumo d’assenzio, che per associazione iniziò ad essere malvisto dalle classi abbienti e conservative. Al contrario fu adorato da menti visionarie e artisticamente sofferenti: Charles Baudelaire lo decanta nei Fleurs du Mal, Edouard Manet conquistò fama e denunce con Il bevitore d’assenzio; Ernest Hemingway, che di certo non si tirava mai indietro di fronte al bicchiere, ne fu sincero sostenitore, al pari di Gabriele D’Annunzio.

Per malcelate motivazioni politiche la Fata Verde fu denunciata e sospesa: i produttori di vino erano ormai spaventati dal distillato che minacciava le loro vendite, e l’opinione pubblica additò l’assenzio (e non la sifilide galoppante in Europa, né la più generica piaga dell’alcolismo) come causa del decadimento dei costumi dell’epoca fino a raggiungere vette grottesche. Il 28 agosto 1905, un operaio francese di nome Jean Lafray pranzò con un misero sandwich, prima di trangugiare (e lo riportano i verbali dell’epoca) “sette bicchieri di vino, sei bicchieri di cognac, un caffè corretto con brandy, due bicchieri di liquore alla menta e due once (sei centilitri, ndr) di assenzio”, per poi uccidere in un raptus moglie e figli. Bastò la minima presenza del distillato verde nell’inverosimile elenco di alcolici incriminati, per procedere con la censura.

Sazerac

Ufficialmente fu ritenuto responsabile il tujone, un elemento chimico le cui sorvolabili tracce si ritrovano nell’assenzio, che a detta dei legiferanti rendeva il prodotto “allucinogeno e pericoloso”. Analisi moderne hanno dimostrato la totale falsità dell’idea, ma la storia parla: dal 1915 la produzione e il commercio della Fata Verde furono vietati negli Stati Uniti (che pochi anni dopo avrebbero comunque sperimentato il Proibizionismo), in Francia, Paesi Bassi e Svizzera, allargando la diffidenza del consumo un po’ ovunque. Continuò a circolare sottobanco, trascorrendo quasi un secolo sotto la lente d’ingrandimento, fino alla rimozione dei divieti che dal Regno Unito, dove nel 1998 il celeberrimo barman Dick Bradsell si schierò  in suo favore, arrivò finalmente in tutto il mondo.

A conferma dell’altissima considerazione del prodotto da parte degli intenditori, l’assenzio è elemento distintivo di cocktail storici, diventati popolari nel mondo proprio grazie alle note inconfondibili e storicamente usate col contagocce: il Sazeraccocktail ufficiale di New Orleans, miscelato con Peychaud Bitters, zucchero e Cognac o Whiskey; il Tuxedovariante del Martini con un goccio di liquore al Maraschino; il Corpse Reviver #2a base gin e liquore all’arancia, che il mitico Harry Craddock sconsiglia di consumare con troppo affetto; e il De la Louisianeelegantissimo dopocena a base whiskey di segale e vermouth dolce. Avrete di che brindare, oggi, alla magnifica e tormentata Fata Verde.

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