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Lorenzo Dabove (in arte Kuaska), il più grande esperto di birre artigianali in Italia, ha condotto per conto di Beverfood.com un’ampia panoramica sui microbirrifici emergenti in Italia dal 2008 al 2018, intervistando i titolari/fondatori di ciascun Birrificio. Questo articolo è dedicato al Birrificio Alveria con un’intervista a Gabriele Siracusa ( www.birrificioalveria.it ).

 

 

Apprezzo Gabriele Siracusa per la sua passione che gli si legge negli occhi e quel sano orgoglio che traspare quando parla delle sue figlie, le sue birre. Background da agronomo, contagiato dall’homebrewing e infine birraio molto tecnico, stimato per le sue birre prodotte a Canicattini Bagni nel siracusano nel suo birrificio Alveria. Sentiamo cosa ci dice.

Come e perché avete iniziato la vostra avventura.

Nel lontano 2005 Gabriele Siracusa e la sua sete incontrano per la prima volta la birra artigianale. Galeotto fu l’Orzo Bruno, brewpub di Pisa, ateneo nel quale Gabriele stava concludendo il suo ciclo di studi universitari nel corso di Agraria. È stato subito amore, nelle sue uscite serali abbandonava i suoi amici dediti alle varie industriali da 66cl per sedersi al bancone del suddetto pub da solo e scolarsi una serie di boccali. È stato lì che il germe della birra ha attecchito in corpore e nell’anima. Seppure ancora fossero tempi non sospetti Gabriele sapeva già che in un futuro avrebbe intrapreso la strada della pro- duzione di questa magica bevanda.

Conclusi gli studi torna in Sicilia ed è lì che comincia con le prime produzioni casalinghe. Nel frattempo però la concretezza di un lavoro iniziava a farsi sentire ed è costretto ad accettare un incarico presso una azienda agricola come tecnico di campo senza però abbandonare mai la sua passione che per motivi di tempo si era limitata solo nel continuare a bere dato che il tempo a disposizione per produrre come homebrewer era molto poco. Finito questo incarico vaga nel mondo delle vendite (Vodafone e Sky) per riapprodare successivamente in una nuova azienda agricola biologica che produceva limoni. Licenziato in tronco dopo 18 mesi e stufo di sperare in nuovi lavori casuali, Gabriele arriva alla consapevolezza che la vita è una ed è pure corta e per essere felici bisogna fare ciò che piace veramente. La risposta era solo una, fare la birra.

Prende i pochi soldi della liquidazione e li investe in impianto più strutturato per riprendere la produzione e mettere a punto ricette da produrre in grande scala. Coinvolge un suo caro amico ed insieme costituiscono una società ed accedono a dei fondi europei per mettere su il birrificio. Fu così che nel 2015 il birrificio Alveria accende i fornelli.

 

 

Quali birre/birrai/birrifici, sia italiani che stranieri, sono stati la vostra fonte d’ispirazione?

Un modello, ancora vivente, fu proprio Schigi, sul web cercando feedback su impiantistiche varie mi imbatto nella sua storia, dove veniva citato il fornitore dei macchinari per la produzione e proprio li trovai la strada per il giusto compromesso qualità/prezzo per l’acquisto dell’impianto. Ci fu anche una telefonata con Schigi il quale mi rassicurò dicendomi che era un impianto ottimo.

Scendendo alla sostanza, la birra, per lo stile belga fonte di ispirazione sono Extraomnes e Brasserie de la Senne, trovo stupefacenti la Blond di Extraomnes seppur si tratti di una semplice birra, Taras Boulba e Jambe de Bois di Brasserie de la Senne. Per le angloamericane l’onda d’urto Brewdog con la Punk Ipa ha travolto anche me “illo tempore”. Anche The Kernell ha fatto da modello brassicolo a cui ispirarsi.

Differenze, nel bene e nel male, tra l’epoca della vostra partenza e quella attuale con particolare riferimento all’aria che tirava e che tira oggi.

Non trovo differenze sostanziali tra il 2015 e questo 2020 appena cominciato se non ciò che fisiologicamente è già in atto, ovvero la saturazione del mercato crescente. Questa considerazione la faccio dando uno sguardo d’insieme, ampio. Rimanendo a casa mia, la Sicilia, credo che ancora ci sono parecchie strade da battere e che il mercato è in uno stato amorfo, il che è solo un bene per noi indigeni.

 

 

Avete qualche sassolino nelle scarpe?

Nessun sassolino nella scarpa, solo una considerazione, noto spesso dei preconcetti sulla birra fatta in Sicilia da parte di parecchie persone, addette ai lavori e non. Paradossalmente anche dai siciliani stessi. Quello che andrebbe fatto da parte di publican o addetti ai lavori di varia natura dovrebbe essere, ovviamente a parità di qualità, quello di spingere le produzioni locali. È triste trovare tap list esclusive con etichette provenienti da chissà quale posto a discapito di birre locali. Siamo sempre esterofili, c’è poco da fare. Nessuno è profeta in patria. Ma in Sicilia lo percepisco di più.

Cosa vi fa andare avanti e quali sono le prospettive future?

Nonostante tutto, nonostante i momenti di scoraggiamento di varia natura, riusciamo ad andare avanti grazie alla passione e all’amore per la birra. Personalmente non riesco più a vedermi collocato in un altro ambito che non sia questo.

Una battuta per concludere: “Quale birra avreste voluto creare voi e che invidiate ai vostri colleghi, sia italiani che stranieri?”.

Non saprei cosa invidiare, ci arrivo per vie traverse. Quando entro in un pub sono solo 3 le birre sulle quali mi fiondo in automatico, come manovrato da un demone. Sono la Zest (Extraomnes), Taras Boulba (Brasserie de la Senne) e la Hattori Hanzo di Mukkeller.

+Info: www.birrificioalveria.it

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Rubrica Birrifici Emergenti 2008-2018 by Kuaska

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